Il gelo dell’indifferenza e la mansuetudine della fede nella vita di S. Girolamo

Omelia di Domenica 28 settembre 2025 (XXVI dom. T.O/C)

Un ricco e un povero sono i protagonisti del Vangelo di questa domenica, si incrociano ma non si incontrano, tra loro c’è un abisso.

Il ricco non ha fatto nulla di male al povero Lazzaro, non lo ha aggredito ne a parole, ne fisicamente. Fa qualcosa di peggio: non lo fa esistere, lo riduce a un rifiuto, uno scarto, un nulla. Semplicemente Lazzaro non c’era, invisibile ai suoi pensieri. Tutti i giorni ha attraversato la porta di casa entrando e uscendo ha girato lo sguardo altrove, indifferente; non un gesto, una briciola, una parola.

Non c’è peggiore omicida di chi dice all’altro: “Tu per me non esisti!”,  San Giovanni dice chiaramente: chi non ama è omicida (1 Gv 3,15).

L’altro, e soprattutto il povero, vanno amati e accolti. Il primo nostro dovere è quello di accorgerci degli altri, soprattutto del fratello più sfortunato. Un Santo particolarmente sensibile alle povertà umane affermava: «Se stai pregando e un povero ha bisogno di te, lascia la preghiera e vai da lui. Il Dio che trovi è più sicuro del Dio che lasci (san Vincenzo de Paoli)».

I Santi ci insegnano ad aprire il cuore, la mente a Dio e le mani al prossimo!

Qualcuno ritiene che il Paradiso o l’Inferno cominciano già qui in terra!

Esattamente una settimana fa abbiamo accolto l’immagine di San Nicola, l’amico dei poveri e degli ultimi in genere. Dovremmo chiederci: quale insegnamento ci ha consegnato da vivere?

Non dimentichiamo che ci stiamo apprestando a celebrare la memoria liturgica e la festa del nostro Santo Patrono San Girolamo, anche in questa circostanza dovremmo essere attenti a lasciarci illuminare e istruire da lui, per poi imitarlo nelle sue virtù.

Girolamo, un santo dal carattere difficile, irruento, e spesso anche polemico, scontroso di natura con un carattere per niente facile, ha dato, comunque, tanto alla cristianità con la sua testimonianza di vita e i suoi scritti. A lui si deve la prima traduzione ufficiale in latino della Bibbia, la cosiddetta Vulgata

La sua vita era stata una lunga serie di fughe e spostamenti. E magari si domandava con tristezza se le sue fossero fughe dalla realtà… 

GIROLAMO: CONSIGLIERE DEL PAPA

Nel 382 Papa Damaso (305-384) indice un incontro per dibattere sullo scisma meleziano di Antiochia. Girolamo vi è invitato, perciò torna a Roma. Lo accompagna la sua fama di asceta e di erudito, ragione per la quale il Pontefice lo sceglie come proprio segretario e consigliere e lo invita a intraprendere una nuova traduzione in latino dei testi biblici. Nella capitale Girolamo dà vita anche a un circolo biblico e avvia allo studio della Scrittura delle nobili romane. Le nobildonne, volendo intraprendere la via della perfezione cristiana e desiderose di approfondire la conoscenza della Parola di Dio, lo designano come loro maestro e guida spirituale.

Il suo rigore morale, tuttavia, non è condiviso dal clero e le severe regole da lui suggerite alle sue discepole sono ritenute troppo dure. Condanna vizi e ipocrisie e polemizza spesso anche con dotti e sapienti. Finisce per essere malvisto da molti, sicché, morto Damaso, decide di tornare in Oriente e nell’agosto del 385 si imbarca a Ostia per raggiungere la Terra Santa.

A Betlemme Girolamo può anche dedicarsi all’ascesi e all’assistenza dei bisognosi, alternando, come egli stesso scrive in più occasioni, la cura dei poveri e dei pellegrini con le ore di studio che riesce a strappare al sonno. 

IMMERSO TOTALMENTE NELLO STUDIO E NELLA MEDITAZIONE DELLE SACRE PAGINE DELLA SCRITTURA

Girolamo trascorre a Betlemme tutto il resto della sua vita, dedicandosi sempre alla Parola di Dio, alla difesa della fede, all’insegnamento della cultura classica e cristiana e all’accoglienza dei pellegrini. Muore nella sua cella, nei pressi della grotta della Natività, il 30 settembre probabilmente del 420.

Detestato ma anche amato.

Qualcuno ha detto che ai nostri giorni Girolamo avrebbe avuto difficoltà ad essere canonizzato dalla Chiesa a motivo del suo carattere poco, o per niente, empatico. Focoso ed impulsivo, la sua cocciutaggine era di quelle da far perdere la pazienza ai santi. Agostino di Tagaste ne seppe qualcosa.

Quando qualcuno, però, desiderava convertirsi o si rivolgeva a lui per consigli, sapeva anche essere incredibilmente delicato; ma se si cercava di trarlo in inganno su determinati argomenti della verità cristiana, subito diventava diffidente e scontroso, e allora non lo si poteva prendere né per le corna né per la coda. Eppure, nonostante questo suo carattere impetuoso e ostinato, è una delle figure più belle e luminose, oltre che tra le più amate, della storia della spiritualità occidentale. 

Ha lasciato alla cristianità un ricco patrimonio attraverso i suoi scritti: epistole, Lettere, commentari, omelie, trattati, opere storiografiche e agiografiche. È assai noto il suo De Viris Illustribus (con le biografie di 135 autori perlopiù cristiani, ma anche ebrei e pagani), che dimostra quanto la cultura cristiana fosse “una vera cultura ormai degna di essere messa a confronto con quella classica”. Da non dimenticare il suo Chronicon – la traduzione e rielaborazione in latino di quello in greco di Eusebio di Cesarea andato perduto – con la narrazione della storia universale, tra dati certi e miti, a partire dalla nascita di Abramo fino all’anno 325. Infine, ci sono molte epistole che lasciano trasparire la sua spiritualità e che sono ricche di consigli e profondi insegnamenti.

Girolamo (insieme ad Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno) è uno dei quattro Padri della Chiesa d’Occidente proclamato dottore della Chiesa nel 1298 da Bonifacio VIII.

LA SCELTA DELLA SOLITUDINE NON LO ISOLÒ DAL MONDO

Benché fosse difficile dialogare con lui, tuttavia non si può dire di lui che è stato un narcisista e indifferente ai problemi e situazioni del suo tempo.

Non amava le mediocrità e le “mezze misure” e neppure accomodamenti di situazioni, e neppure le troppe parole che spesso si rivelavano prive di azioni e incoerenti sul piano comportamentale.

Non si può dunque dire di Lui che era un asettico e privo di sentimenti di emozioni e sentimenti. Forse selettivo sì! Volentieri si circondava di donne e uomini che desideravano intraprendere un serio discernimento e cammino spirituale di ascesi.

Tra i seguaci più noti abbiamo: Neponziano, Epifanio di Salamina e Paolino di Antiochia, e anche numerose donne come:Marcella, Paola, Eustochio, Fabiola, Lea, Asela e tante altre che conosciamo attraverso la sua corrispondenza e a cui sono dedicate molte sue opere.

L’INDIFFERENZA NELLA CULTURA CONTEMPORANEA

L’indifferenza è un sentimento o stato affettivo neutro, molto diffuso oggi, che spesso si associa a un’assenza di emozioni e vissuti e a una freddezza emotiva nella quale prevale un vuoto, una mancanza di interesse verso il mondo esterno.

Si osserva ma non si interviene né con le parole, né con le azioni.

L’indifferente continua sulla propria strada, non si smuove davanti alle richieste altrui, è distaccato e osserva ogni cosa senza coinvolgimento e attenzione.

Come direbbe uno scrittore, il rumeno di origine ebraica:

Sono molte le atrocità nel mondo e moltissimi i pericoli. Il male peggiore è l’indifferenza. Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza; […] il contrario dell’intelligenza non è la stupidità, ma l’indifferenza. È contro di essa che bisogna combattere con tutte le proprie forze. E per farlo un’arma esiste: l’educazione.

Bisogna imparare a conoscere ed allenare l’empatia per evitare “l’atrofia emotiva”.

Coraggio, responsabilità e sensibilità morale, sono doti da esercitare e mettere in pratica tutti i giorni, in ogni ambito della nostra vita, lavorativo e non solo.

L’indifferenza è un sentimento antisociale che fa percepire tutto ciò che è diverso da sé come minaccioso e pericoloso per la propria sicurezza, ti fa sentire invisibile agli occhi degli altri, le tue parole cadono nel vuoto o peggio ritornano come un’eco.

L’indifferenza, poi, genera:

  • L’ignavia che si manifesta attraverso comportamenti come la pigrizia, l’indolenza mentale e spirituale, la viltà. Gli ignavi non vogliono fastidi, non prendono una posizione netta a causa della propria cattiva coscienza che li porta a non volersi esporre facendo sentire la propria voce.

            Per gli ignavi è preferibile assumere una posizione di comodo, ampiamente        condivisa, senza porsi troppe domande e quando serve volgere lo sguardo altrove.

  • L’accidia che si manifesta attraverso comportamenti inerti, disinteressati, indifferenti verso ogni forma di azione ed iniziativa che generano stati d’animo come: noia, monotonia, senso di immobilità, vuoto interiore.
  • La viltà che pietrifica lo spirito. Per viltà si smette di agire, tendendo a rinchiudersi in sé. La viltà deforma la percezione della realtà, trasformando il mondo in un luogo inospitale dove aggirarsi con sospetto e diffidenza.

L’indifferenza fa dire all’altro (esplicitamente o silenziosamente): Ma che vuoi? Tu per me non esisti!

Quando decidi di chiudere il tuo cuore all’esistenza di fatto non permetti alla sofferenza di entrare nella tua vita ma nello stesso tempo, chiudi la porta anche alla gioia, allo scambio, alla possibilità di andare oltre te stesso, verso la felicità. Tale atteggiamento porta l’individuo a  sottomettersi all’opinione comune, al potere del più forte, finendo con  l’annullarsi, svilirsi come essere umano.

Sottomettersi significa perdere la propria energia vitale per donarla a qualcun altro. Ti fa sentire umiliato, impotente, di fronte a chi esercita il proprio potere su di te.

Stati d’animo come empatia, attenzione all’altro, prosocialità sono a fondamento dell’umanità. Decidere di ignorare queste pulsioni dell’anima rende anaffettivi, distaccati, incapaci di riconoscersi nell’altro.

L’anaffettività può sfociare in comportamenti patologici e/o criminali.

Per un soggetto anaffettivo l’incapacità di mostrare reazioni affettive può avere diverse origini:

  • Privazione affettiva nella prima infanzia
  • Abbandono
  • Maltrattamento
  • Abuso

La psicologia dello sviluppo insegna che chi nell’età infantile non ha conosciuto il linguaggio dell’amore espresso in cure, attenzioni, gesti, parole, sguardi e abbracci, crescendo non sa manifestare certe attenzioni quando si relaziona con gli altri.

Per queste persone l’empatia è un sentimento difficile da sentire e riconoscere poiché gli è impossibile mettersi nei panni altrui condividendone le esperienze emotive.

Urge uscire dal gelo dell’indifferenza

Uscire dal gelo dell’indifferenza sociale è possibile solo comprendendo il valore della condivisione, quel sentirsi parte attiva e pulsante del corpo sociale.

“Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto” (Thomas Merton).

Per uscire dal sonno dello spirito insito nell’indifferenza sono fondamentali 2 azioni prosociali:

  1. Prendere consapevolezza di sé e di conseguenza delle altre persone
  2. Assumersi le proprie responsabilità

San Paolo direbbe: “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui” (1 Corinzi 12,26).

Diventare responsabile di sé e degli altri è il cammino da percorrere, con una certa urgenza, quando ci si accorge di essere evasori dalla quotidianità, dai pantani della vita, quando si profilano catene di doveri da espletare e le pareti del nostro “io” ci imprigionano.

Reimparare a vivere “per” e “con” gli altri è l’unica strada per rendere il mondo in cui viviamo un luogo migliore e per sentirti a casa ovunque ci si trovi e sperimentare, così, una Pace interiore da trasmettere anche a chi ci sta accanto.

Sac. Pasquale  Zecchini

Omelia festa s. Girolamo 30 settembre 2023

S. GIROLAMO: AMANTE DELLA VERITÀ E DELLA SACRA SCRITTURA

Quando diciamo che: “Anche i Santi hanno perso la pazienza” non è un modo di dire ma sacrosanta verità ravvisabile nel nostro Santo Patrono Girolamo. Scontroso e dal carattere difficile, intento a condannare vizi e ipocrisie e a polemizzare spesso anche con dotti e sapienti, Girolamo, uomo irruento, spesso polemico e litigioso, era detestato ma anche amato. Sicché, morto Damaso, decide di stabilirsi in Terra Santa, seguito poi da alcuni monaci suoi fedeli e da un gruppo di sue seguaci, fra cui la nobildonna Paola con la figlia Eustochio. Intraprende un pellegrinaggio, raggiunge l’Egitto poi si ferma a Betlemme, dove apre una scuola offrendo il suo insegnamento gratuitamente. Grazie alla generosità di Paola, vengono poi costruiti un monastero maschile, uno femminile e un ospizio per i viaggiatori in visita ai luoghi santi.

Il ritiro a Betlemme

Girolamo trascorre a Betlemme tutto il resto della sua vita, dedicandosi sempre alla Parola di Dio, alla difesa della fede, all’insegnamento della cultura classica e cristiana e all’accoglienza dei pellegrini. Muore nella sua cella, nei pressi della grotta della Natività, il 30 settembre probabilmente del 420. Non era facile dialogare con lui, eppure ha dato tanto alla cristianità con la sua testimonianza di vita e i suoi scritti. A lui si deve la prima traduzione in latino della Bibbia, la cosiddetta Vulgata – con i Vangeli tradotti dal greco e l’Antico Testamento dall’ebraico – che ancora oggi, pur se revisionata, è il testo ufficiale della Chiesa di lingua latina. Quella Parola, così tanto studiata, e commentata, si è pure “impegnato a viverla concretamente”, ha detto Benedetto XVI, che a Girolamo ha dedicato due catechesi alle udienze generali del 7 e del 14 novembre 2007.

“Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo”  (SAN GIROLAMO-Prol. al commento del Profeta Isaia)

In tale circostanza il Pontefice si chiedeva: “Che cosa possiamo imparare noi da San Girolamo? Mi sembra soprattutto questo: amare la Parola di Dio nella Sacra Scrittura – ha suggerito Benedetto XVI – è importante che ogni cristiano viva in contatto e in dialogo personale con la Parola di Dio, donataci nella Sacra Scrittura … è anche una Parola che costruisce comunità, che costruisce la Chiesa. Perciò dobbiamo leggerla in comunione con la Chiesa viva”. Girolamo è uno dei quattro Padri della Chiesa d’Occidente (insieme ad Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno), proclamato dottore della Chiesa nel 1567 da Pio V. Di lui ci restano commentari, omelie, epistole, trattati, opere storiografiche e agiografiche; assai noto il suo De Viris Illustribus, con le biografie di 135 autori per lo più cristiani, ma anche ebrei e pagani, per dimostrare quanto la cultura cristiana fosse “una vera cultura ormai degna di essere messa a confronto con quella classica”. Da non dimenticare il suo Chronicon – la traduzione e rielaborazione in latino di quello in greco di Eusebio di Cesarea andato perduto – con la narrazione della storia universale, tra dati certi e miti, a partire dalla nascita di Abramo fino all’anno 325. Infine, ricche di insegnamenti e accorati consigli, molte epistole che lasciano trasparire la sua profonda spiritualità.

Oltre la grande lezione dell’amare Cristo e la Chiesa, San Girolamo ci insegna anche ad essere amanti della verità e a detestare la menzogna.

La maschera dell’ipocrisia e il volto della verità  (Mazzasabato, 4 settembre 2021)

Lu)igi Pirandello, uno dei maggiori scrittori e drammaturghi e  diceva che “imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai molte maschere e pochi volti”. E con queste parole “fotografava” l’amara realtà della vita, il fatto cioè che purtroppo il mondo è pieno di ipocriti. Gente che, appunto, si mette una maschera per apparire quello che non è. Buoni che buoni non sono, devoti solo di facciata, trasformisti, capaci di adattarsi, di modellarsi come plastilina alle situazioni per opportunismo, per fare carriera, per convenienza. Maschere, non volti. E quante volte anche noi ci siamo messi una maschera? Eppure, per i credenti, la maschera è qualcosa di terribile, di escludente, perché come disse Benedetto XVI nell’omelia della Messa della domenica delle palme, nel 2007, “può stare nel luogo santo chi ha mani innocenti e cuore puro (Sal. 23). Mani innocenti sono mani che non vengono usate per atti di violenza, sono mani che non sono sporcate con la corruzione e con tangenti. Cuore puro, quando il cuore è puro? È puro un cuore che non si macchia con menzogna e ipocrisia, un cuore che rimane trasparente come acqua sorgiva perché non conosce doppiezza”.

Parole molto chiare, e sappiamo purtroppo come nella chiesa ci sia molta, troppa ipocrisia. Nell’udienza generale del 25 agosto 2021, Papa Francesco è andato ancora oltre: «Cosa è l’ipocrisia? Si può dire che è paura per la verità. L’ipocrita ha paura per la verità. Si preferisce fingere piuttosto che essere sé stessi. È come truccarsi l’anima, come truccarsi negli atteggiamenti, come truccarsi nel modo di procedere: non è la verità. E la finzione impedisce il coraggio di dire apertamente la verità e così ci si sottrae facilmente all’obbligo di dirla sempre, dovunque e nonostante tutto. La finzione ti porta a questo: alle mezze verità. E le mezze verità sono una finzione: perché la verità è verità o non è verità. Ma le mezze verità sono questo modo di agire non vero… E in un ambiente dove le relazioni interpersonali sono vissute all’insegna del formalismo, si diffonde facilmente il virus dell’ipocrisia. Quel sorriso che non viene dal cuore, quel cercare di stare bene con tutti, ma con nessuno».

L’ipocrita, insomma, non è altro secondo Francesco che «una persona che finge, lusinga e trae in inganno perché vive con una maschera sul volto, e non ha il coraggio di confrontarsi con la verità. Per questo, non è capace di amare veramente – un ipocrita non sa amare – si limita a vivere di egoismo e non ha la forza di mostrare con trasparenza il suo cuore. Ci sono molte situazioni in cui si può verificare l’ipocrisia. Spesso si nasconde nel luogo di lavoro, dove si cerca di apparire amici con i colleghi mentre la competizione porta a colpirli alle spalle. Nella politica non è inusuale trovare ipocriti che vivono uno sdoppiamento tra il pubblico e il privato». E soprattutto «è particolarmente detestabile l’ipocrisia nella Chiesa, e purtroppo esiste l’ipocrisia nella Chiesa, e ci sono tanti cristiani e tanti ministri ipocriti. Non dovremmo mai dimenticare le parole del Signore: “Sia il vostro parlare sì sì, no no, il di più viene dal maligno”. Dobbiamo convincerci, dunque, che Gesù condanna l’ipocrisia. Dobbiamo coltivare la verità e conformarci alla verità, allora sì che potremmo dirci realmente cristiani, cioè seguaci e imitatori di Gesù Cristo, che un giorno si definito come: VIA, VERITÀ e VITA (Gv.14,6).

È quanto San Girolamo si è sforzato di fare in tutta quanta la sua esistenza terrena.

Don Pasquale

Festa di San Girolamo 2022

Una grande rinascita: di nuovo insieme, vicini, vicini… 

Grande tripudio da parte degli abitanti del quartiere S. Girolamo in Bari per il ritorno dei festeggiamenti del Suo Santo Patrono S. Girolamo (30.09.2022).

La serata del 30 settembre, memoria liturgica del Santo Dottore della Chiesa del IV secolo, ha avuto come programma prima la Celebrazione Eucaristica e poi la Processione per le vie principali del quartiere.

Momento suggestivo e fortemente emozionante è stata la sosta presso il sagrato della Nuova Chiesa dedicata al Santo che è ormai in fase di ultimazione dei suoi lavori, un sogno che sta per diventare realtà che i fedeli accorsi al seguito della Processione del Santo, hanno potuto constatare grazie all’apertura speciale del cantiere.

La presenza del Sindaco Antonio De Caro ha impreziosito la manifestazione di fede e al termine della Processione, prima del rientro della statua del Santo nella Sua abituale dimora, ha rivolto parole di saluto all’intera comunità. 

Un “fuori programma” ricco di ammirazione e di apprezzamento da parte dei numerosi fedeli è stata la volontà del Sindaco nel voler concludere la processione unendosi ai portatori dell’immagine del Santo portando anch’Egli sulle sue spalle la pesante statua lignea di San Girolamo.

Contrariamente ai soliti fuochi pirotecnici previsti tradizionalmente al termine della Processione, quest’anno Parroco e collaboratori della organizzazione della festa, hanno deciso di sospendere questo rumoroso ma simpatico “spettacolo folcloristico” fatto di botti e di luci che illuminano il cielo in segno di festa a motivo del persistere della guerra in Ucraina. L’accorata preghiera finale rivolta al Santo è stata quella di far sì che questo scempio disumano termini al più presto possibile.

La bella serata è proseguita, poi, con ascolto di musica, balli e tanto divertimento, accompagnato dalla degustazione di panini e tradizionali popizze che hanno riscosso tanto successo e allietato la simpatica serata che ha reso piacevole il ritorno a stare insieme di adulti, giovani e bambini.

Omelia nella Festa di S. Girolamo 30.09.2022

L’uomo moderno ha ancora bisogno di Dio

La Pandemia ha costretto anche il nostro Santo Patrono a restare a casa per due anni senza poter più avere contatti con l’esterno.

L’attenuazione del virus sta permettendo un graduale ritorno alla normale e alla consueta routine quotidiana in tutti gli ambiti, compresi quelli religiosi.

Eccoci qui questa sera a vivere prima il momento più intimo e più nobile, che è costituito dalla celebrazione eucaristica, fonte e culmine della vita del cristiano e della Chiesa, alimento insostituibile per gli uomini e le donne di ieri e di sempre che hanno deciso di seguire il Signore come riferimento fondamentale della propria vita, e poi il momento più esterno e pubblico costituito dalla processione dell’immagine del Santo come vero atto di fede e di testimonianza pubblica del nostro credere.

Non ci può lasciare indifferenti quanto ci giunge a livello informativo circa la situazione religiosa del nostro Paese.

A quanto pare il cristianesimo in Italia pare essere inesorabilmente in declino. Una recente indagine infatti riferisce che ogni anno circa 700.000 persone lasciano la fede cattolica e si dichiarano atei. 

L’80 per cento degli italiani non legge mai la Bibbia e la maggior parte dei giovani lascia la chiesa dopo la Cresima. Cercare realmente di seguire Gesù è un desiderio che riguarderebbe solo l’1 per certo degli italiani.

Questa prospettiva inquietante deve scuotere e interpellare tutti!

A tutto ciò si deve anche aggiungere che le nuove generazioni sono completamente estranee alla vita cristiana, non conoscono minimamente la grammatica della chiesa e non possono conoscere il fascino di Gesù.

A queste condizioni domanda che sorge spontanea è: l’uomo moderno ha ancora bisogno di Dio e della religione? Perché le chiese sono sempre più vuote?

Il cammino sinodale che tutta la Chiesa sta vivendo deve portarci a farci tante domande e tra queste provare anche a chiederci: Come cristiani avvertiamo il bisogno di ritrovarci, di riflettere, di condividere, di confrontarci?

Dobbiamo imparare a stare non uno accanto all’altro per tornare a far numero, ma ad essere volti/rivolti verso l’altro, ma prima ancora verso l’Alto.

Dobbiamo passare dall’indifferenza alla compassione, dallo spreco alla condivisione, dall’egoismo all’amore, dall’individualismo all’amore. 

Il Papa domenica scorsa (25.09.22) a conclusione del 27° Congresso Eucaristico Nazionale svoltosi a Matera, nell’omelia ha invitato tutti a sognare “una Chiesa che si inginocchia davanti all’Eucarestia e adora con stupore il Signore presente nel Pane; ma che sa anche piegarsi dinanzi alle ferite di chi soffre, facendosi pane di speranza e di gioia per tutti. Non c’è un vero culto eucaristico senza compassione per i tanti “Lazzari” – ha affermato con forza il Papa – che anche oggi ci camminano accanto”.

In effetti in questa cultura dell’indifferenza gli uomini diventano sempre più egoisti e pensano solo a se stessi. 

Frantumare o abbattere questo modus vivendi e convertire il mondo non è operazione di un politico, né tantomeno della neo eletta premier Giorgia Meloni, ma è qualcosa che riguarda ciascuno di noi nei riguardi di se stesso prima e poi nel tentativo di aiutare gli altri a curare il virus del narcisismo.

La fede, e in particolare l’Eucarestia, possono aiutarci in questa fase di terapia ricostituente!

Gesù infatti ci sfama e ci guarisce, Egli ci dona il pane della condivisione e ci invita a percorrere le strade del mondo, e con le nostre occupazioni quotidiane ci rende apostoli di fraternità, di giustizia e di Pace.

S. Girolamo ci invita a mettere Gesù al centro della nostra vita, esattamente come ha fatto Lui. 

Egli ha fatto di Dio il riferimento e il “motore” essenziale della sua esistenza.

Qualcuno potrebbe disapprovare la scelta di Girolamo di aver privilegiato la solitudine ritirandosi a Betlemme, nella terra dove è nato Gesù.

Ah, se anche noi ci ritagliassimo, nelle nostre giornate, tempi di silenzio e di solitudine per riflettere e ascoltare cosa ci consiglia Dio, attraverso il suo Spirito che vorrebbe suggerire a tutti ciò che dovremmo fare.

L’isolamento di Girolamo non fu di stampo solipsistico, chiudendo ogni genere di rapporti umani e dialoghi spirituali, anzi le sue Lettere ci testimoniano contatti epistolari che intratteneva con chi a Lui si rivolgeva per chiedere consigli spirituali.

Sempre nella propensione del pensare agli altri più che a stesso, Girolamo si preoccupò di tradurre i Testi Sacri (la Bibbia) dalle lingue originarie (aramaico – ebraico – Greco) nella cosiddetta Vetus Latina, permettendo a tutti di potersi accostare, leggere e meditare le Divine Scritture per trarre da esse nutrimento spirituale attraverso l’incontro con Cristo che si comunica agli uomini massimamente attraverso la Parola e i Sacramenti, e ci chiede di conoscerLo sempre più e amarlo e testimoniarlo con la nostra vita.

 don Pasquale

Caino ha colpito ancora…

Homo homini lupus???

Omelia nella festa di S. Girolamo 30/09/2021

Non si può, carissimi, cantare spensieratamente il Gloria in excelsis Deo · Et in terra pax hominibus bonae voluntatis quando una mano assassina ha infranto il 5° Comandamento ove Dio proibisce ad un essere umano di annientare la vita di un proprio simile, chiunque esso sia e/o qualsiasi cosa abbia fatto!!!

Il mondo, creato dall’Onnipotente Dio, non è una foresta dove l’uomo può andare a caccia della sua preda.

L’egoismo, la sopraffazione dell’altro, è una tentazione sempre in agguato nella mente e nel cuore di ogni uomo, soprattutto quando ci si allontana da Dio e ci si concentra su se stessi sviluppando una sete di dominio sulle cose e sulle persone.

Lontano da Dio, l’uomo sprigiona istinti e desideri di potere e ogni sorta di appagamento di bisogni, talvolta leciti, ma spesso anche illeciti, e addirittura disastrosi!!!

Il concetto dell’homo homini lupus è stato ripreso da diversi filosofi e pensatori: Erasmo da Rotterdam, Francesco Bacone e tanti altri nel corso della storia.

Nel XVII secolo il filosofo britannico Thomas Hobbes lo utilizzò per connotare la natura umana nella sua opera De Cive (Il cittadino). 

Secondo Hobbes, la natura dell’uomo è essenzialmente egoistica e a determinare le azioni umane sono solamente l’istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione; egli ritiene impossibile che l’uomo si senta spinto ad avvicinare un proprio simile in virtù di un amore naturale; i legami di amicizia o di società degli uomini sono dovuti solamente al timore reciproco.

Nello stato di natura, ovvero in quello stato non regolato da alcuna legge, ogni persona, mossa dal suo più recondito istinto, cerca di danneggiare gli altri e di eliminare tutti coloro che rappresentano un ostacolo al raggiungimento dei propri scopi; in altri termini, ogni individuo vede nel proprio prossimo un nemico.

Anche ai tempi di Girolamo l’altruismo, il rispetto e l’amore per l’altro, non erano concetti e fattori acquisiti e vissuti, perfino all’interno della curia romana, che Girolamo aveva frequentato e conosciuto in virtù della collaborazione offerta a Papa Damaso, che lo aveva scelto come proprio segretario e consigliere e, allo stesso tempo lo invita a intraprendere una nuova traduzione in latino dei testi biblici.

Alla morte di Papa Damaso, il suo rigorismo, la sua attenzione alle regole e la sua austerità lo portano a condannare vizi e ipocrisie e, per questo, preferisce abdicare agli ambienti di Santa romana Chiesa e sceglie di ritirarsi a Betlemme, stabilendosi presso la grotta della Natività, e così dedicarsi sempre più intensamente allo studio della Parola di Dio.

Piacere a Dio, e non agli uomini, diventa la meta quotidiana e il “programma di vita” di Girolamo, nello sforzo costante di mettere in pratica gli insegnamenti contenuti nella Sacra Scrittura, la cui lettura, meditazione e traduzione nella Vetus latina, caratterizzava e riempiva gran parte del tempo delle sue giornate. 

Possa il nostro Santo Patrono ispirare anche a noi tali sentimenti e superare uno stile di vita mediocre e spesso caratterizzata da compromessi e opacità diffuse.

don Pasquale

Festa di San Girolamo 2020

La festa di San Girolamo del 2020, a 1600 anni dalla morte del nostro Santo il 30 settembre 420, si è dovuta necessariamente riorganizzare in modo differente a causa della situazione pandemica in corso. Così, non si è potuta tenere la processione e la messa è stata celebrata nel campetto sportivo adiacente alla Parrocchia con il trasferimento della statua del Santo dal campo alla Chiesa rallegrato da una piccola ma festosa banda riunitasi per l’occasione.