Omelie del Triduo Pasquale 2022

UN AMORE SUPERLATIVO AD ALTA FEDELTA

Omelia del Giovedì Santo – 14.04.2022

Sac. Pasquale Zecchini

Una strana amarezza serpeggiava nel cuore di tutti in quella Cena caratterizzata da antichi racconti.

Parole strane uscivano dalla bocca del loro Maestro: “Uno di voi mi tradirà…”; “Il Figlio dell’uomo sta per partire…”; “è l’ultima coppa che bevo con voi finché non verrà il Regno di Dio” (Mt 26,20-29).

È la notte del duello tra tradimento e amore.

Tanta violenza si abbatterà, di lì a breve, su Gesù mentre Lui continuerà a testimoniare fedeltà e amore.

Gesù non misurato il suo amore con la bilancia o con un centimetro. Un amore che passa attraverso la logica del calcolo non è vero amore! 

La totalità del dono (o del darsi), del non far sconti, e il non accontentarsi del minimo indispensabile è proprio del modo di concepire l’amore cristiano.

L’amore di Gesù è un amore in pienezza, nella totalità, al massimo grado, in modo superlativo!

Quello di Gesù è un vortice d’amore

Giovanni nel suo Vangelo ci racconta ciò che Gesù fece nel contesto dell’Ultima Cena: “Si alzò da tavola, depose le vesti, si cinse di un asciugatoio e versò dell’acqua nel catino”. Assieme all’acqua versò tutto il suo amore.

Ai piedi degli uomini il suo amore si fa servizio.

Il suo amore, dunque, non è un amore qualunque, ma un amore sconfinato, senza limiti, un amore che non si arrenda, come quello di Dio.

Nel cenacolo, dunque, si può apprendere l’arte di amare; si può dire che Gesù ha impartito una lezione di AMORE ESAGERATO, che non dice mai: BASTA!

Dinanzi a questo amore i nostri volti dovrebbero arrossire per il livello mediocre che in tatti tratti non gli assomigliamo con la nostra capacità di amare!

L’INUTILE SPRECO

Omelia del Venerdì Santo – 15.04.2022

Sac. Pasquale Zecchini

I Vangeli della Passione non si prefiggono semplicemente di commuoverci consegnandoci i dettagli delle ultime ore della vita terrena di Gesù, intrise di sofferenza e patimenti, bensì vogliono indurci ad attuare profondi e autentici cambiamenti riguardo ai nostri modi di essere e di agire.

Potremmo, infatti, ritrovarci in molti o alcuni dei personaggi che incontriamo nel brano della passione di Gesù, che ci assomigliano nel non-amare, specie quando:

  • Sono io che accusa, 
  • chi bastona, 
  • chi sputa umiliazioni, 
  • chi rinnega, 
  • chi imprigiona, 
  • chi se ne lava le mani, 
  • chi scappa, 
  • chi mette il suo interesse davanti a tutto e a tutti, 
  • chi svende, 
  • chi fa le cose perché deve farle, 
  • chi non si fa domande, 
  • chi non sa vedere il dolore dell’altro, 
  • chi non sopporta l’ingiustizia, 
  • chi si lascia condizionare dalle apparenze e dalla massa, 
  • chi si lascia rubare la speranza, 
  • chi si fa impiccare dagli errori anziché confidare nella misericordia del Padre… 

Quella unzione di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, utilizzato da Maria, la sorella di Marta e di Lazzaro a Betania alcuni giorni prima della passione di Gesù, diventa prototipo dell’amore divino che non fa risparmi e non ricorre alla “concorrenza” bensì si avvale “dell’originale”.

L’evangelista Giovanni ci dice: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, cioè in pienezza, al massimo grado, fino all’estremo, che lo porterà a dire sulla croce: “Tutto è compiuto”.

Sempre nella logica del dono, Gesù, secondo la versione di Giovanni, dalla Croce emise, cioè fece dono, trasmise, partecipò lo Spirito che abitava in Lui.

Il Suo ultimo respiro è una vera e propria effusione di Spirito, una Pentecoste, una Epiclesi che diventa capace di rinnovare la faccia della terra!

L’azione liturgica del Venerdì Santo non è un rito funebre, una commiserazione di un morto.

Si sta sotto la Croce con l’atteggiamento degli assetati che desiderano avvicinarsi alla fonte per attingere vino nuovo impregnato di Spirito!

Di questo vino dovremmo avvertirne continuo bisogno!

Come il nostro corpo ha bisogno di continuo nutrimento, parimenti la nostra anima.

Diversamente la fede potrebbe vacillare così come Pietro ha sperimentato sulla sua pelle.

Rinnegare Gesù per lui era impensabile, d’altronde per Lui aveva lasciato tutto e lo aveva seguito. 

Lo amava per davvero ma di un amore impulsivo così come era caratterialmente. Per Lui avrebbe dato e fatto tutto! Ma poi non ce l’ha fatta nell’ora della prova!

Da quella esperienza Pietro saprà trarre insegnamento, imparerà a crescere nella fede e nell’adesione più forte al Suo Signore, per passare da un amore fatto di parole e belle promesse ad azioni tangibili d’amore.

MISSILI O CAMPANE A FESTA? PASSIAMO A CIÒ CHE NON PASSA

Omelia del Sabato Santo – 16.04.2022

Sac. Pasquale Zecchini

Il “tutto è compiuto”, scandito dalle labbra di Gesù il venerdì santo, aveva mandato tutti a casa con la convinzione che la vicenda umana di Gesù fosse ormai, e per sempre, conclusa.

Quella pietra aveva sigillato quel sepolcro ove immobile vi resta un cadavere.

Per le donne c’è ancora qualcosa da fare l’indomani, di buon mattino, vanno per onorare il corpo sepolto di Gesù.

La sorpresa sarà la tomba vuota! Il Cristo, spogliato delle sue vesti, è Risorto ed è tornato alla vita lasciando nel sepolcro bende e sudario.

Nudo con la verità che gli appartiene!

Un giorno aveva detto: “Io sono la via, la verità e la vita”.

VIA  –  VERITA’  –  VITA

esprimono alla perfezione i bisogni dell’uomo di oggi!

Il mondo vive in uno stato di confusione, un labirinto che non ci permette di riconoscere la VIA più consona da seguire.

Ogni uomo ha sete di autenticità, capace di mettere al bando falsità e mistificazioni, equivoci e sotterfugi, di dire basta con le maschere e i travestimenti, finzioni e mimetismi.

L’uomo ha profonda sete di vita autentica, capace di operare alla luce del sole!

Come vorrei che, alla luce della Pasqua, la Chiesa splenda di quella luce o quel sole che non conosce tramonto, che promana da Cristo: luce del mondo e sole di giustizia!

Una Chiesa fedele alla Sua missione, più aderente al Vangelo, più disponibile, se necessario, a cambiare per assomigliare sempre più al Risorto.

Carissimi, la Pasqua di quest’anno corre il rischio di non farci celebrare questa festa col suono delle campane a distesa ma col rumore del bombardamento dei missili, e il rumore di quelle armi che i nostri bambini di catechismo hanno depositato presso l’altare della reposizione, ove troneggia ora il Risorto.

Pasqua vuol dire passaggio! Il mio invito e l’augurio che rivolgo a ciascuno è quello di PASSARE A CIÒ che NON PASSA!

Si, PASSIAMO dal confidare in noi stessi al confidare in Cristo Risorto, nostra Speranza! Passiamo dalla Sua parte col cuore prima che col corpo.

A tutti voi giunga il mio saluto e il mio augurio di Santa Pasqua.

don Pasquale

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