Omelie del Triduo Pasquale 2022

UN AMORE SUPERLATIVO AD ALTA FEDELTA

Omelia del Giovedì Santo – 14.04.2022

Sac. Pasquale Zecchini

Una strana amarezza serpeggiava nel cuore di tutti in quella Cena caratterizzata da antichi racconti.

Parole strane uscivano dalla bocca del loro Maestro: “Uno di voi mi tradirà…”; “Il Figlio dell’uomo sta per partire…”; “è l’ultima coppa che bevo con voi finché non verrà il Regno di Dio” (Mt 26,20-29).

È la notte del duello tra tradimento e amore.

Tanta violenza si abbatterà, di lì a breve, su Gesù mentre Lui continuerà a testimoniare fedeltà e amore.

Gesù non misurato il suo amore con la bilancia o con un centimetro. Un amore che passa attraverso la logica del calcolo non è vero amore! 

La totalità del dono (o del darsi), del non far sconti, e il non accontentarsi del minimo indispensabile è proprio del modo di concepire l’amore cristiano.

L’amore di Gesù è un amore in pienezza, nella totalità, al massimo grado, in modo superlativo!

Quello di Gesù è un vortice d’amore

Giovanni nel suo Vangelo ci racconta ciò che Gesù fece nel contesto dell’Ultima Cena: “Si alzò da tavola, depose le vesti, si cinse di un asciugatoio e versò dell’acqua nel catino”. Assieme all’acqua versò tutto il suo amore.

Ai piedi degli uomini il suo amore si fa servizio.

Il suo amore, dunque, non è un amore qualunque, ma un amore sconfinato, senza limiti, un amore che non si arrenda, come quello di Dio.

Nel cenacolo, dunque, si può apprendere l’arte di amare; si può dire che Gesù ha impartito una lezione di AMORE ESAGERATO, che non dice mai: BASTA!

Dinanzi a questo amore i nostri volti dovrebbero arrossire per il livello mediocre che in tatti tratti non gli assomigliamo con la nostra capacità di amare!

L’INUTILE SPRECO

Omelia del Venerdì Santo – 15.04.2022

Sac. Pasquale Zecchini

I Vangeli della Passione non si prefiggono semplicemente di commuoverci consegnandoci i dettagli delle ultime ore della vita terrena di Gesù, intrise di sofferenza e patimenti, bensì vogliono indurci ad attuare profondi e autentici cambiamenti riguardo ai nostri modi di essere e di agire.

Potremmo, infatti, ritrovarci in molti o alcuni dei personaggi che incontriamo nel brano della passione di Gesù, che ci assomigliano nel non-amare, specie quando:

  • Sono io che accusa, 
  • chi bastona, 
  • chi sputa umiliazioni, 
  • chi rinnega, 
  • chi imprigiona, 
  • chi se ne lava le mani, 
  • chi scappa, 
  • chi mette il suo interesse davanti a tutto e a tutti, 
  • chi svende, 
  • chi fa le cose perché deve farle, 
  • chi non si fa domande, 
  • chi non sa vedere il dolore dell’altro, 
  • chi non sopporta l’ingiustizia, 
  • chi si lascia condizionare dalle apparenze e dalla massa, 
  • chi si lascia rubare la speranza, 
  • chi si fa impiccare dagli errori anziché confidare nella misericordia del Padre… 

Quella unzione di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, utilizzato da Maria, la sorella di Marta e di Lazzaro a Betania alcuni giorni prima della passione di Gesù, diventa prototipo dell’amore divino che non fa risparmi e non ricorre alla “concorrenza” bensì si avvale “dell’originale”.

L’evangelista Giovanni ci dice: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”, cioè in pienezza, al massimo grado, fino all’estremo, che lo porterà a dire sulla croce: “Tutto è compiuto”.

Sempre nella logica del dono, Gesù, secondo la versione di Giovanni, dalla Croce emise, cioè fece dono, trasmise, partecipò lo Spirito che abitava in Lui.

Il Suo ultimo respiro è una vera e propria effusione di Spirito, una Pentecoste, una Epiclesi che diventa capace di rinnovare la faccia della terra!

L’azione liturgica del Venerdì Santo non è un rito funebre, una commiserazione di un morto.

Si sta sotto la Croce con l’atteggiamento degli assetati che desiderano avvicinarsi alla fonte per attingere vino nuovo impregnato di Spirito!

Di questo vino dovremmo avvertirne continuo bisogno!

Come il nostro corpo ha bisogno di continuo nutrimento, parimenti la nostra anima.

Diversamente la fede potrebbe vacillare così come Pietro ha sperimentato sulla sua pelle.

Rinnegare Gesù per lui era impensabile, d’altronde per Lui aveva lasciato tutto e lo aveva seguito. 

Lo amava per davvero ma di un amore impulsivo così come era caratterialmente. Per Lui avrebbe dato e fatto tutto! Ma poi non ce l’ha fatta nell’ora della prova!

Da quella esperienza Pietro saprà trarre insegnamento, imparerà a crescere nella fede e nell’adesione più forte al Suo Signore, per passare da un amore fatto di parole e belle promesse ad azioni tangibili d’amore.

MISSILI O CAMPANE A FESTA? PASSIAMO A CIÒ CHE NON PASSA

Omelia del Sabato Santo – 16.04.2022

Sac. Pasquale Zecchini

Il “tutto è compiuto”, scandito dalle labbra di Gesù il venerdì santo, aveva mandato tutti a casa con la convinzione che la vicenda umana di Gesù fosse ormai, e per sempre, conclusa.

Quella pietra aveva sigillato quel sepolcro ove immobile vi resta un cadavere.

Per le donne c’è ancora qualcosa da fare l’indomani, di buon mattino, vanno per onorare il corpo sepolto di Gesù.

La sorpresa sarà la tomba vuota! Il Cristo, spogliato delle sue vesti, è Risorto ed è tornato alla vita lasciando nel sepolcro bende e sudario.

Nudo con la verità che gli appartiene!

Un giorno aveva detto: “Io sono la via, la verità e la vita”.

VIA  –  VERITA’  –  VITA

esprimono alla perfezione i bisogni dell’uomo di oggi!

Il mondo vive in uno stato di confusione, un labirinto che non ci permette di riconoscere la VIA più consona da seguire.

Ogni uomo ha sete di autenticità, capace di mettere al bando falsità e mistificazioni, equivoci e sotterfugi, di dire basta con le maschere e i travestimenti, finzioni e mimetismi.

L’uomo ha profonda sete di vita autentica, capace di operare alla luce del sole!

Come vorrei che, alla luce della Pasqua, la Chiesa splenda di quella luce o quel sole che non conosce tramonto, che promana da Cristo: luce del mondo e sole di giustizia!

Una Chiesa fedele alla Sua missione, più aderente al Vangelo, più disponibile, se necessario, a cambiare per assomigliare sempre più al Risorto.

Carissimi, la Pasqua di quest’anno corre il rischio di non farci celebrare questa festa col suono delle campane a distesa ma col rumore del bombardamento dei missili, e il rumore di quelle armi che i nostri bambini di catechismo hanno depositato presso l’altare della reposizione, ove troneggia ora il Risorto.

Pasqua vuol dire passaggio! Il mio invito e l’augurio che rivolgo a ciascuno è quello di PASSARE A CIÒ che NON PASSA!

Si, PASSIAMO dal confidare in noi stessi al confidare in Cristo Risorto, nostra Speranza! Passiamo dalla Sua parte col cuore prima che col corpo.

A tutti voi giunga il mio saluto e il mio augurio di Santa Pasqua.

don Pasquale

Il cinico Erode torna a ferire

Una nuova “strage degli innocenti” –Omelia delle Ceneri 02.03.2022

Nel III Millennio dove termini come integrazione, globalizzazione, mondializzazione, villaggio globale, fanno pensare a scenari di interazione e collaborazione reciproca o persino di convivenza pacifica fra popoli dove programmi televisivi come Verissimo, o il Grande fratello sembrano voler presentare uno scenario di gioia e divertimento per tutti, una mano assassina ha deciso di sobillare la tranquillità umana con una avanzata spedizione di guerra nei confronti di un popolo già martoriato in un recente passato e costretto a ripercorrere scenari di devastazione ben noti, una rinnovata strage degli innocenti che si ripete ancora… e, per di più, in un contesto già messo a dura prova dalla pandemia  del COVID 19, dalla quale con fatica stiamo ancora tentando di uscire. In un breve lasso di tempo siamo passati dal tunnel psicologico pandemico al tunnel psicologico bellico!

Il mondo intero è ancora in preda alla paura, al pericolo, a tante incertezze, all’imprevedibilità per quanto ha sperimentato in questi due ultimi anni.

Un’umanità ancora bisognosa, dunque, di riappropriarsi del suo percorso di vita ordinario, di recuperare la capacità di relazionarsi, di stare insieme, di fare “koinonia”, di costruire un’Oikos, una casa, dove i fratelli si radunano per “fare famiglia”.

La guerra è una follia, è irragionevole, è demoniaca, in qualche modo ha a che fare col diavolo che vuole distruggere la vita e distruggere il mondo.

“Chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio. E si distanzia dalla gente comune, che vuole la pace; e che in ogni conflitto è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra (Papa Francesco, Angelus del 27/02/2022).

Su ogni scenario di guerra si staglia ancora oggi la profonda disapprovazione divina con le sue invettive: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?» (Mt 17,17).

In questo Mercoledì delle Ceneri il Papa invita tutti a fare di questo giorno una giornata di preghiera e digiuno per la pace in Ucraina. 

Una giornata per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino, per sentirci tutti fratelli e implorare da Dio la fine della guerra che ha già prodotto, in pochi giorni, i suoi danni; basti pensare a 16 bambini già uccisi nella guerra con la Russia, da Polina, morta in auto, ad Alisa, uccisa dalle bombe. Altri 45, ha riportato il premier Zelensky, sono stati feriti. Il grido di dolore dei medici: «Mostrate questo a Putin».

Polina aveva solo 10 anni e l’anno prossimo avrebbe cominciato la prima media. Ma Polina in prima media non andrà mai: è stata uccisa insieme a sua madre e suo padre mentre tentavano di uscire da Kiev in macchina, secondo quanto denuncia sui social il vicesindaco Volodimyr Bondarenko. Suo fratello e sua sorella sono invece in ospedale in terapia intensiva e nessuno sa se riusciranno a sopravvivere.

Il nostro Presidente del Consiglio ha affermato: Di fronte alla “aggressione premeditata e immotivata” da parte della Russia nei confronti dell’Ucraina, “tocca a noi tutti decidere come reagire. L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte”. Ha parlato di aiuti, sostegni economici da far giungere (come anche il Papa ha già fatto) e di accoglienza dei profughi che intendono ricongiungersi a parenti e amici già da tempo presenti in Italia.

Alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni, a poca distanza da noi, giacché l’Italia dista appena 2000 Km dall’Ucraina, non possiamo rimanere indifferenti, in quanto tutti facciamo parte della stessa umanità e tutti siamo membri dello stesso Pianeta.

Nell’editoriale del quotidiano cattolico AVVENIRE di oggi (02.03.22) si legge: “La creazione del mondo è incompleta, tocca a noi completarla. Il mondo è bello perché si può colorare, colorarlo significa completarlo”. Ecco qual è il nostro compito, la nostra missione: completare/colorare il mondo. Senza distruggerlo o pretendere di impossessarci di esso perché, giova ricordare sempre a noi e a tutti, che il mondo è di Dio, e ciascuno di noi può cogliersi come operaio e artigiano che se ne prende cura a vantaggio di tutti.

La Quaresima non è solo un tempo opportuno per passare in rassegna quelli che potremmo definire i “mali e orrori sociali”, ma anche e soprattutto quelli personali che si annidano nelle profondità del nostro essere e che spesso sorvoliamo o che impariamo a convivere.

Nell’Angelus di domenica scorsa (27.02.22) il Pontefice, commentando il Vangelo della correzione fraterna (Lc 6,41-45), aggiungeva: ”Il Signore ci invita a ripulire il nostro sguardo. Per prima cosa ci chiede di guardare dentro di noi per riconoscere le nostre miserie. Perché se non siamo capaci di vedere i nostri difetti, saremo sempre portati a ingigantire quelli altrui. Se invece riconosciamo i nostri sbagli e le nostre miserie, si apre per noi la porta della misericordia. E dopo esserci guardati dentro, Gesù ci invita a guardare gli altri come fa Lui – questo è il segreto: guardare gli altri come fa Lui –, che non vede anzitutto il male, ma il bene. Dio ci guarda così: non vede in noi degli sbagli irrimediabili, ma vede dei figli che sbagliano. Cambia l’ottica: non si concentra sugli sbagli, ma sui figli che sbagliano. Dio distingue sempre la persona dai suoi errori. Salva sempre la persona. Crede sempre nella persona ed è sempre pronto a perdonare gli errori. Sappiamo che Dio perdona sempre. E ci invita a fare lo stesso: a non ricercare negli altri il male, ma il bene. Dopo lo sguardo, prosegue il Papa, Gesù oggi ci invita a riflettere sul nostro parlare. Il Signore spiega che la bocca «esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (v. 45). È vero, da come uno parla ti accorgi subito di quello che ha nel cuore. Le parole che usiamo dicono la persona che siamo. A volte, però, prestiamo poca attenzione alle nostre parole e le usiamo in modo superficiale. Ma le parole hanno un peso: ci permettono di esprimere pensieri e sentimenti, di dare voce alle paure che abbiamo e ai progetti che intendiamo realizzare, di benedire Dio e gli altri. Purtroppo, però, con la lingua possiamo anche alimentare pregiudizi, alzare barriere, aggredire e perfino distruggere; con la lingua possiamo distruggere i fratelli: il pettegolezzo ferisce e la calunnia può essere più tagliente di un coltello!”.

Carissimi, cogliamo questo tempo liturgico come un vero e proprio Kairos, cioè un tempo di grazia da vivere non tanto come “cose da fare” ma come un cuore da cambiare, per riscoprire la forza dell’amore che ci sprona a fare del bene giacché, come amava dire Gandhi: «Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fin tanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo».

don Pasquale Zecchini

Caino ha colpito ancora…

Homo homini lupus???

Omelia nella festa di S. Girolamo 30/09/2021

Non si può, carissimi, cantare spensieratamente il Gloria in excelsis Deo · Et in terra pax hominibus bonae voluntatis quando una mano assassina ha infranto il 5° Comandamento ove Dio proibisce ad un essere umano di annientare la vita di un proprio simile, chiunque esso sia e/o qualsiasi cosa abbia fatto!!!

Il mondo, creato dall’Onnipotente Dio, non è una foresta dove l’uomo può andare a caccia della sua preda.

L’egoismo, la sopraffazione dell’altro, è una tentazione sempre in agguato nella mente e nel cuore di ogni uomo, soprattutto quando ci si allontana da Dio e ci si concentra su se stessi sviluppando una sete di dominio sulle cose e sulle persone.

Lontano da Dio, l’uomo sprigiona istinti e desideri di potere e ogni sorta di appagamento di bisogni, talvolta leciti, ma spesso anche illeciti, e addirittura disastrosi!!!

Il concetto dell’homo homini lupus è stato ripreso da diversi filosofi e pensatori: Erasmo da Rotterdam, Francesco Bacone e tanti altri nel corso della storia.

Nel XVII secolo il filosofo britannico Thomas Hobbes lo utilizzò per connotare la natura umana nella sua opera De Cive (Il cittadino). 

Secondo Hobbes, la natura dell’uomo è essenzialmente egoistica e a determinare le azioni umane sono solamente l’istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione; egli ritiene impossibile che l’uomo si senta spinto ad avvicinare un proprio simile in virtù di un amore naturale; i legami di amicizia o di società degli uomini sono dovuti solamente al timore reciproco.

Nello stato di natura, ovvero in quello stato non regolato da alcuna legge, ogni persona, mossa dal suo più recondito istinto, cerca di danneggiare gli altri e di eliminare tutti coloro che rappresentano un ostacolo al raggiungimento dei propri scopi; in altri termini, ogni individuo vede nel proprio prossimo un nemico.

Anche ai tempi di Girolamo l’altruismo, il rispetto e l’amore per l’altro, non erano concetti e fattori acquisiti e vissuti, perfino all’interno della curia romana, che Girolamo aveva frequentato e conosciuto in virtù della collaborazione offerta a Papa Damaso, che lo aveva scelto come proprio segretario e consigliere e, allo stesso tempo lo invita a intraprendere una nuova traduzione in latino dei testi biblici.

Alla morte di Papa Damaso, il suo rigorismo, la sua attenzione alle regole e la sua austerità lo portano a condannare vizi e ipocrisie e, per questo, preferisce abdicare agli ambienti di Santa romana Chiesa e sceglie di ritirarsi a Betlemme, stabilendosi presso la grotta della Natività, e così dedicarsi sempre più intensamente allo studio della Parola di Dio.

Piacere a Dio, e non agli uomini, diventa la meta quotidiana e il “programma di vita” di Girolamo, nello sforzo costante di mettere in pratica gli insegnamenti contenuti nella Sacra Scrittura, la cui lettura, meditazione e traduzione nella Vetus latina, caratterizzava e riempiva gran parte del tempo delle sue giornate. 

Possa il nostro Santo Patrono ispirare anche a noi tali sentimenti e superare uno stile di vita mediocre e spesso caratterizzata da compromessi e opacità diffuse.

don Pasquale

Comunità reali o comunità virtuali/artificiali?

Mercoledì delle ceneri – omelia 17 Marzo 2021

1. “LACERATEVI IL CUORE E NON LE VESTI” 

Gioele ci aiuta a iniziare questo tempo liturgico della Quaresima nella giusta dimensione, gradita a Dio, non cioè come “cose da fare” ma cuore da curare e guarire. 

La Pandemia non ha portato danni solo all’economia, alle persone, alle istituzioni, ma anche al sistema sociale. La convivenza umana nel giro di un anno si è impoverita e ridotta a chiusure “settarie”, trincee”, le comunità di persone che si incontravano, discutevano, confrontavano ecc… sono divenute “comunità virtuali o artificiali”

Sugli effetti e le conseguenze dell’individualismo, che coronavirus ha accentuato, si è soffermato il Papa nel suo Messaggio per questa Quaresima 2021. Purtroppo oggi questo senso di comunità si sta progressivamente indebolendo e logorando a causa del diffondersi di un individualismo estremo. Quell’individualismo che colpisce anche la famiglia, i contatti sociali stanno diventando sempre più difficili anche per causa delle tecnologie che, se da un lato hanno migliorato le nostre vite, dall’altro, possono minare nel profondo i contatti sociali. 

Essere e fare comunità chiede di manifestare la volontà di partecipare alla costruzione di un comune percorso di sviluppo che possa vincere gli inevitabili conflitti, divisioni, egoismi ed esprimere il fermo desiderio e conseguente impegno di una partecipazione vera e costruttiva

L’appartenenza è il sentimento di base che porta i membri a sentirsi parte integrante della comunità ed a percepirsi connessi con gli altri.  

L’omelia di questo mercoledì delle ceneri che dà inizio al tempo di Quaresima terrà in larga considerazione quanto il Papa ribadisce nel suo messaggio con applicazioni pastorali al cammino parrocchiale che stiamo vivendo, il quale necessita di rinnovate puntualizzazioni per correggere il tentativo e la voglia di procedere “ognuno per proprio conto e come gli pare e piace”! 

La Quaresima ci ricorda che Dio è il punto di partenza dal quale tutti dobbiamo ripartire, perché Egli non è indifferente riguardo a quanto ci accade. 

L’attitudine egoistica di indifferenza ha preso oggi dimensione mondiale che il Papa chiama GLOBALIZZAZIONE DELL’INDIFFERENZA! 

Tra Dio e l’uomo vi è una PORTA: la CHIESA che è come la mano che tiene aperta questa porta mediante la proclamazione della Parola e la celebrazione dei Sacramentila testimonianza della fede che si rende efficace nella Carità.  

La tentazione di rifugiarsi nell’isolamento, nel privato o, al massimo nel piccolo gruppo, è una  tendenza molto pericolosa e insidiosa ai nostri giorni che fa sì che quella mano che è la Chiesa venga schiacciata, ferita e offesa.

Dell’onorificenza della Chiesa (o della sua Fioritura, in positivo), o del suo ferimento (in negativo) dobbiamo sentirci tutti coinvolti. Ciascuno, infatti, può contribuire nel far gioire o soffrire la Chiesa. 

LA CHIESA È COMMUNIO SANCTORUM E PECCATORUM 

2. LA RICCHEZZA DI “ESSERE COMUNITÀ” 

È urgente e doveroso evidenziare il fatto che oggi si verifica sempre più: la tendenza a promuovere un certo individualismo che genera solitudine, malessere, egoismo. Non vi è dubbio che la persona umana sia fatta per la dimensione comunitaria; ogni persona ha bisogno di donare amore e di essere amata, di essere capita, accolta, di curare e di essere curata. La regola della comunità è l’amore, il bene dell’altro. La vita comunitaria ha un prezzo, non è un fatto del tutto spontaneo. Se vogliamo godere dei benefici della vita in comune dobbiamo essere disposti a far morire una parte di noi, a rinunciare ad alcuni nostri desideri, ad una parte dei nostri progetti; la comunità ha bisogno di pazienza, di silenzi, di passi indietro, di capacità di chiedere scusa, di tanta umiltà. Solo morendo si può risorgere. 

Tutti possiamo essere costruttori di comunità: sarebbe la più grande opera che possiamo fare. 

Per essere costruttori di alleanze, occorre  partire da se stessi accendendo il desiderio  di comunione “dentro” di noi.  Le cose vere della vita nascono sempre dal di dentro, perché solo nell’interiorità e nel silenzio esse possono crescere  e maturare, senza  forzature e manipolazioni. 

A partire da questo  nucleo  possiamo individuare due vie concrete e operative, che sono  punti  irrinunciabili di ogni proposta  pastorale: 

  1. la via della convinzione: un cammino fatto di condivisione comunitaria  si realizza solo se noi stessi, per primi, lo crediamo possibile. Quante persone perdono il desiderio di una appartenenza comunitaria perché smarriscono innanzitutto la via della propria individualità e della interiorità del cuore… Quanti rimangono imbrigliati  in gabbie di fatalismo e di rassegnazione: «Per me sarà sempre così, non posso fare nulla  per cambiare  la mia vita>>. E si arrendono. La vera  vittima,  nella vita, è soltanto chi si rassegna: vittima  di se stesso, della sua sfiducia, del suo non  consegnarsi ad una  relazione profonda con gli altri.
  2. La via della condivisione: è significativa non solo e non tanto perché “insieme è bello”, ma  perché  insieme  il cuore  può  superare tante paure. È essenziale,  oggi, trovare chi accetta  di condividere il proprio  lumicino di comunione e camminare con noi,  tenendo il ritmo  del nostro passo,  anche se appesantito, vacillante e incerto. Questa  è la via dei cuori  semplici,  di coloro  che hanno imparato a credere  nella  forza dell’amicizia, del bene  donato e ricevuto, di una  condivisione costantemente ricercata. 

È una via di fatica  e di speranza, che va ben  oltre la logica della omologazione e del lasciare le cose come sono.  Nel suo prezioso  e profetico  libretto La Parrocchia, don  Primo  Mazzolari  scrive: «Molti temono la discussione. La discussione, nei cuori profondi, anche se vivace e ardita, è sempre una protesta d’amore e un documento di vita. E la Chiesa, oggi, ha bisogno di gente consapevole, penitente e operosa, fatta così». 

Interrogando una certa letteratura scorgiamo che FARE COMUNITA’ non è operazione facile in quanto la società è caratterizzata da relazioni basate sull’interesse e sul calcolo che seguono uno schema meccanicistico basato sullo scambio: “nessuno vorrà concedere e dare qualcosa all’altro, se non in cambio di una prestazione o di una donazione reciproca“.  

Qualcuno parla di “comunità convenzionali” che offrono agli individui la possibilità di aggregarsi solotemporaneamente e solo per un determinato scopo o finalità in quanto, ritiene Bauman, unirsi per perseguire una causa comune è impossibile perché gli interessi degli individui non sono cumulabili. Ognuno è interessato a perseguire i propri obiettivi senza essere ostacolato dagli altri.  

In quest’ottica, l’individualismo diventa un valore istituzionalizzato. Qualche altro parla di comunità in rete dove persone interessate a uno stesso tema o argomento discutono e scambiano idee su blog, forum e chat room. 

3. COMUNITÀ VIRTUALI 

Innanzitutto le comunità virtuali si differenziano dalle comunità tradizionali per l’assenza di prossimità fisica: l’interazione ha luogo online ed è poco probabile che gli individui che le compongono abbiano incontri nella realtà. Inoltre, esse sono effimere perché possono facilmente esaurirsi dopo che la conversazione su un dato tema è satura e perché gli individui che le compongono potrebbero mentire sulla propria identità e sull’effettivo grado di coinvolgimento nel tema trattato (ad esempio, un pedofilo potrebbe fingere di essere una ragazzina ed introdursi in una chat room di argomenti trattati dalle giovani). Online ognuno costruisce la propria rete relazionale secondo i propri interessi e valori. Di conseguenza, relazionarsi su Internet contribuisce a rafforzare quel nuovo modello di socialità basato sull’individualismo tipico del nostro tempo.  La parola “comunità” deriva dal latino “communitas” che rimanda al donare inteso in senso reciproco.  

In questa Quaresima invito ciascuno a chiedersi: E noi quale comunità vogliamo essere??? 

Cristo è il cuore del vivere insieme, del fare e dell’essere comunità.  

Il diventare amici in Lui non parte dalla nostra iniziativa, ma dalla sua: “Io ho scelto voi”. È da dei piedi, che nel contesto dell’Ultima Cena Gesù ha lavato, durante la quale ha consegnato definitivamente se stesso all’uomo, (e con la Sua resurrezione e la Pentecoste) nasce quella prima comunità cristiana che vediamo sinteticamente e meravigliosamente descritta in poche parole nel brano di Atti 2,42-48: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere tenevano ogni cosa in comune frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore”. 

4. NOI SIAMO PIETRE VIVE 

Gli Atti, presentando la Chiesa delle origini, vogliono sottolineare lo stile di vita a cui dovrà ispirarsi ogni comunità cristiana del futuro e le caratteristiche imprescindibili che ne delineano l’identità: l’ascolto della Parola di Dio , la comunione fraterna che alla regola del “mio” e del “tuo” sostituisce la condivisione e la solidarietà, la divisione del pane che è memoria e segno della presenza di Gesù stesso fra i discepoli. 

Con il Battesimo siamo chiamati a formare la Chiesa dove ognuno di noi è “pietra viva”, chiamato ad edificare una comunità che si nutre della relazione con il Signore e cresce con lo stringersi di rapporti di reciprocità che valorizzano, proteggono, promuovono, curano il benessere e la felicità di tutti. 

Le nostre comunità, i nostri gruppi sono spesso segnati dalle divisioni, dalle incomprensioni, dalla fatica di essere fedeli agli impegni presi, dall’incostanza. Il modello di comunità a cui ci chiama Gesù e che i primi discepoli hanno realizzato può sembrarci utopistico e impossibile da realizzare.

La Quaresima che stiamo vivendo sia per la nostra Comunità occasione privilegiata per credere, sperare e amare (cf. Messaggio Papa Francesco per la Quaresima 2021) oltre che “tempo favorevole” per interrogarci, piuttosto, sulla nostra disponibilità a costruire la comunità che Lui ci chiede di edificare.   

  • I primi cristiani pregano insieme, spezzano il pane: Come possiamo anche oggi dirci “comunità” senza vivere la nostra amicizia con Gesù nella preghiera e nell’Eucaristia? 
  • Delle caratteristiche fondamentali della comunità cristiana descritte negli Atti degli Apostoli:
    • qual è per te la più importante? Perché? 
    • qual è per te la più faticosa da vivere? Perché? 
  • Quali differenze noti tra la Chiesa descritta negli Atti degli Apostoli e la Chiesa di oggi? Quale ti piace di più? Perché? 
  • Pensa alla tua parrocchia: Cosa miglioreresti? In che cosa ti potresti impegnare di più tu personalmente? 

Sac. Pasquale Zecchini 

Chi ci separerà

«Coraggionon temete!» (Isaia 43,1)

Messaggio quaresimale nei tempi della “Quarantena domestica”

Domenica 15 marzo 2020 (III Dom. di Quaresima)

Cari fratelli e sorelle, con un po’ di “azzardato umorismo” mi verrebbe da citare quel proverbio che ci ricorda che “non tutti i mali vengono per nuocere”.

Nessuno di noi avrebbe mai pensato di trovarsi nella situazione che insieme stiamo vivendo, che pensavamo facesse parte solo di capitoli di libri di storia di un’epoca cioè remota e ormai tramontata e, invece, è cronaca dei nostri giorni.

Siamo tutti un po’ confusi, frastornati, impreparati…

L’emergenza sembrava così lontana, invece è qui!

Le Ordinanze pubbliche, alle quali tutti ci dobbiamo attenere, ci tengono distanti gli uni dagli altri, al fine di evitare un possibile contagio. Tra queste vi è anche la cessazione della celebrazione della Santa Messa

È facile in questa situazione, che non ha precedenti, lasciarsi andare spiritualmente e veder indebolita la propria fede con mille dubbi, interrogativi, paure che spesso nascono dalla mancanza di fiducia, esattamente come il popolo d’Israele che si ribella contro Mosè e contro Dio nel deserto, e s’interroga: “Il Signore è in mezzo a noi si o no?” (Es. 17,17).

In quest’ora drammatica giova ricordare che anche noi non siamo soli

Ancora oggi Gesù ci ripete: Non temere. Io sono con te!

Si, il Signore è con noi, in mezzo a noi per condividere la nostra sofferenza e per sostenerci nella prova

Non può essere indifferente al nostro grido di dolore e non può non ascoltare la nostra voce. Ci chiede solo di avere fede e continuare a pregare gli uni per gli altri! 

Il Virus Covid 19 ci sta facendo “toccare con mano” la nostra impotenza, e al tempo stesso, fa crescere in ciascuno di noi il timore di venirne coinvolti e contagiati. 

Da questa situazione dobbiamo apprendere un nuovo stile di vita, per questo all’inizio citavo quel proverbio che, detto in altri termini, potrebbe dire che a volte un evento negativo può dare il via ad un altro evento positivo.

Sono certo che da questi giorni potremo apprendere una “nuova grammatica” del vivere individualmente e socialmente, abbandonando gli “abiti” dell’arroganza, della tracotanza e voglia di prevalere, a tutti i costi, sugli altri e rivestirci, invece, di un maggior senso di altruismo e voglia di con-vivere con l’altro/i, nella dimensione dell’accoglienza, del rispetto e dell’agape.

A noi che stiamo vivendo tempi di buio, di tristezza, di scoraggiamento…per bocca dei suoi ministri il Signore raccomanda e ordina di predicare: «Dite agli smarriti di cuore: Coraggionon temete» (cf Is 43,1 – Mc 6,45-52).

Insieme al nostro impegno e alla nostra collaborazione, il Signore farà fiorire ogni cosa.

Devo ammettere che, a me per primo, questi giorni stanno insegnando tante cose: 

  • in primis il significato e il senso della Chiesa, che non è riducibile a edificio materiale, fatto di pietra (come quello che stiamo costruendo), bensì come il Concilio ama definirla: “Popolo di Dio adunato nel nome della SS.ma Trinità” (LG 1);
  • la quotidianità fatta di trama di relazioni, nello stile del vivere con e per gli altri a livello qualitativo;
  • il valore dell’amicizia e, dunque, degli amici che non ti abbandonano mai, soprattutto nell’ora dello sconforto, della solitudine e della precarietà in genere, che ti permette di scegliere “Io resto a casa” e anche se solo, in realtà, è come se fossi in compagnia!

Vi confesso, però, che il pensiero di dover celebrare domenica prossima (domani), per la prima volta, senza assemblea, mi rattrista, e non poco…!

Mi tornano in mente le parole del profeta Gioele ascoltate nella liturgia del Mercoledì delle ceneri: “Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti ministri del Signore, e dicano: Perdona, Signore, al tuo popolo…” (Gi 2, 17).

In 25 anni di Sacerdozio non ricordo di aver vissuto una domenica senza Eucarestia!

Neppure questa circostanza dovrà permettere un mio, e un vostro distacco da Lui, il Cristo e Signore della nostra vita!

È vero che il Signore è presente ovunque!

“Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo: Egli è l’Immenso” diceva l’antico Catechismo di S. Pio X.

Il Re Davide affermava: Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito, dove potrei fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti”. (Salmo 139:7-10). 

In tutta la creazione non vi è un posto nascosto dalla presenza di Dio.

Il teologo del 19esimo secolo, Charles H.Spurgeon, proclama:

“Noi crediamo che Dio riempie cielo, terra e inferno, che Egli si trovi nello stesso spazio delle Sue creature. Ed anche lo spazio dove vi sono le Sue opere è colmo della Sua presenza. Le profondità delle rocce terrene, il mare in tempesta, il solido granito sono piene della Sua presenza, e non solo negli spazi aperti, ma penetra in ogni luogo, abbondando ovunque in ogni cosa e riempendo ogni cosa della Sua presenza” (Charles H. Spurgeon, Sermon: Jacob’sWakingExclamation (July 21, 1861).

Le varie modalità di presenza di Cristo sono tutte reali, ma nella celebrazione della Eucarestia, essa è reale per antonomasia e per eccellenza perché è anche corporale e sostanziale. E in forza di essa, Cristo uomo-Dio, tutto intero si fa presente.

Carissimi, anche se domenica le campane suoneranno a festa invitandovi a pregare ma i banchi saranno vuoti, spiritualmente vi sentirò vicini e presenti come sempre! 

E anche se, attraverso la diretta streaming che sarà possibile seguire attraverso la pagina Facebook (Parrocchia S. Girolamo Bari),  non mi sentirete dire: “Scambiatevi un segno di Pace” siate certi che la Sua Pace vi raggiungerà nelle vostre dimore e si poserà di voi in abbondanza inondando i vostri cuori di amore e tanta benevolenza e serenità.

E quella comunione sacramentale che non potrete ricevere accostandovi all’altare, la farete a livello spirituale!

D’altronde, dice bene un canto che tutti noi conosciamo: 

Chi ci separerà dal suo amore,
la tribolazione, forse la spada?
Né morte o vita ci separerà
dall’amore in Cristo Signore.

Chi ci separerà dalla sua pace,
la persecuzione, forse il dolore?
Nessun potere ci separerà
da Colui che è morto per noi.

Chi ci separerà dalla sua gioia,
chi potrà strapparci il suo perdono?
Nessuno al mondo ci allontanerà
dalla vita in Cristo Signore.

Con queste consolanti parole, vi saluto e vi benedico!

don Pasquale

Bari, 14 marzo 2020