Venerdì Santo 2021

Nella semplicità e nel silenzio è iniziata la liturgia della Passione di Cristo del Venerdì Santo. Nella consapevolezza dell’uomo che riconosce il suo peccato e la sua miseria il celebrante, come rappresentante del popolo di Dio e dell’intero genere umano, si è prostrato per terra per alcuni minuti per poi guidare la celebrazione nei tre momenti fondamentali: la Liturgia della Parola – l’Adorazione della Croce – la Comunione Eucaristica.
Le norme liturgiche per le celebrazioni del triduo 2021 in tempo di Pandemia hanno aggiunto una preghiera straordinaria alle dieci stabilite dal Messale:

Nella presente situazione drammatica della pandemia del coronavirus che attanaglia il mondo intero, preghiamo per i defunti, per quanti sono smarriti per la morte dei loro cari, per le persone ammalate e i loro familiari, per le conseguenze incerte sul lavoro di tante nostre sorelle e fratelli.
 
Vieni ora in nostro aiuto Dio onnipotente, affinché possiamo sperimentare il tuo amore che guarisce. Accogli nella tua misericordia coloro sono morti a causa del virus. Conforta le famiglie dei malati e delle vittime. Sii vicino ai medici, agli infermieri e a tutti gli operatori sanitari. Sostieni gli sfiduciati. 
O Padre che tutto rinnovi nel tuo Spirito, benedici il mondo, dona salute al corpo e conforto al cuore. 
Per Cristo nostro Signore. 
 
R. Amen.

“Tutto è compiuto” Gv. 19, 30, in greco: “Tetélestai”

Chinarsi verso l’altro, è stata questa la grande “lezione” che il divino Maestro ci ha consegnato ieri, per permettere all’altro di sollevarsi, o talvolta anche guarire, in una prospettiva di amicizia e di amore. 

Tutto questo ce lo ricorda ancora oggi il Maestro.

L’evangelista Giovanni ci riporta il grido di Gesù sulla Croce disse: “Ho sete”  (Gv. 19,28): il Crocifisso ha sete per la salvezza dei suoi crocifissori, per la diffusione del vangelo, per l’unità dell’umanità. 

“I thirst” (ho sete), c’è scritto sul crocifisso della Casa Madre delle Suore della Carità di Madre Teresa di Calcutta e in ogni cappella – in ogni parte del mondo – di ogni casa della famiglia religiosa di Madre Teresa. 

La croce rivela questo amore superumano: ecco perché costituisce la chiave della spiritualità della piccola Suora dalle origini Indiane e dell’ordine femminile da Lei fondato.

Carissimi dobbiamo comprendere che quanto stiamo celebrando in questi giorni non è il puro ricordo di un fatto avvenuto una volta a Gerusalemme e ormai perso in un lontano passato; è una memoria che anche oggi è arricchita della medesima realtà di quegli eventi. Sotto un rito semplice e significante, il Signore Gesù si fa davvero presente con la sua persona adorabile, col suo sacrificio che ha sancito la Nuova Alleanza, con un nutrimento arcano – la sua “carne per la vita del mondo” (cf Gv 6,51) – che ci consente misteriosamente ma realmente di vivere la sua stessa vita. 

La morte in Croce di Cristo, che questa sera rievochiamo, non è dunque un’esperienza remota ed estranea, che impallidisca sempre più con l’implacabile fuggire dei secoli: al contrario, ci propone una partecipazione personale e coinvolgente all’avvento centrale della storia, che è reso presente; non è la cenere di un fuoco irrimediabilmente spento, è la fiamma di un amore che continua a divampare nei cuori.

Il Vangelo di Luca racconta: “tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto” (Lc 23,48), anche noi, tornando alle nostre case, dovremmo dire: “Grazie Gesù hai fatto tutto questo anche per me!”.

Vorrei accostarmi al Mistero della Croce questa sera attraverso i testi e la fede di alcuni Padri della Chiesa:

Ci fa riflettere un testo liturgico della Liturgia Ortodossa:

“Vediamo oggi compiersi un tremendo e straordinario mistero! L’inafferrabile viene arrestato; colui che libera Adamo dalla maledizione viene legato; colui che scruta i cuori e i nervi ingiustamente è sottoposto ad inchiesta. E’ chiuso in prigione colui che chiude l’abisso. Compare davanti a Pilato colui davanti al quale stanno tremanti le potenze celesti. Il creatore è schiaffeggiato dalla mano della creatura. E’ condannato al legno colui che giudica i vivi e i morti. Viene chiuso nel sepolcro lo sterminatore dell’Ade. Gloria a te, Signore, paziente che sopporti tutto con amore per salvare tutti dalla maledizione”

(Dal Vespro del Grande Venerdì).

 La Croce da una parte, secondo S. Giovanni Crisostomo

è ”l’inizio della salvezza dell’uomo”, “causa di innumerevoli beni”, perché “salvò e trasformò il mondo, scacciò l’errore, introdusse la verità, cambiò la terra in cielo, fece gli uomini angeli”. 

Secondo S. Cirillo di Gerusalemme

“ogni opera di Cristo è gloria della Chiesa universale, ma gloria delle glorie è la Croce” rivelando (essa) nel mondo il suo infinito amore per l’uomo, riconcilia di conseguenza l’amore con l’immortalità che possedeva l’uomo prima della sua caduta nel peccato e l’immortalità con la vita, che sono frutti eterni, doni divini, dati dal Dio Trino all’uomo salvato.

Per S. Giovanni Crisostomo la CROCE è FESTA: FESTEGGIAMO LA CROCE DI CRISTO: 

Oggi il Signore Gesù è sulla croce e noi facciamo festa: impariamo così che la croce è festa e solennità dello spirito. Un tempo la croce era nome di condanna, ora è diventata oggetto di venerazione; un tempo era simbolo di morte, oggi è principio di salvezza. La croce è diventata per noi la causa di innumerevoli benefici: eravamo divenuti nemici e ci ha riconciliati con Dio; eravamo separati e lontani da lui, e ci ha riavvicinati con il dono della sua amicizia. Essa è per noi la distruzione dell’odio, la sicurezza della pace, il tesoro che supera ogni bene.
Grazie alla croce non andiamo più errando nel deserto, perché conosciamo il vero cammino; non restiamo più fuori della casa del re, perché ne abbiamo trovato la porta; non temiamo più le frecce infuocate del demonio, perché abbiamo scoperto una sorgente d’acqua. Per mezzo suo non siamo più nella solitudine, perché abbiamo ritrovato lo sposo; non abbiamo più paura del lupo, perché abbiamo ormai il buon pastore. Egli stesso infatti ci dice: lo sono il buon pastore (Gv. 10,11). Grazie alla croce non ci spaventa più l’iniquità dei potenti, perché sediamo a fianco del re. Ecco perché facciamo festa celebrando la memoria della croce

(Eis ton stauron kai eis ton lesten, Omelia 1: P.G. 49, 399-401)

don Pasquale Zecchini

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